| Grisonio |
| | L'avvocato forse trova ridicola e offensiva la motivazione, ma di certo non può che essere felice per il suo cliente. La sentenza è stata definita razzista da molti giornalisti e politici (escluso l'on. Cossiga, che ritiene importante nel processo considerare le differenze etniche e culturali) perchè le motivazioni della riduzione di pena inducono chiunque a credere che in Sardegna tale comportamento incivile sia parte della nostra cultura. Cosa che non è. Secondo me il giudice tedesco l'ha fatto in buona fede e non per razzismo, tralaltro favorendo l'italiano e assegnandogli 6 anni anzichè 8. Immagino che da adesso in Germania, dopo lo scandalo, le sentenze per gli italiani saranno più pesanti. Quello che però mi fa tristezza è quella ragazza della Lituania, sequestrata, stuprata, violentata dal branco e persino orinata addosso. Criminali. -------------------------------------------------------------------------------------------- da: http://www.loccidentale.it/node/7581Ai relativisti nostrani non piace il relativismo della sentenza anti-sarda di Dino Cofrancesco
Finalmente una sentenza che rompe con la retorica dell’illuminismo, con l’universalismo liberale, con i presunti "diritti naturali" dell’uomo e del cittadino ovvero con tutte quelle brutte cose che hanno partorito il totalitarismo rosso e nero! I giudici di Hannover hanno inflitto una condanna di sei anni a un giovane sardo, Maurizio Pusceddu, colpevole di aver tenuto prigioniera e seviziato l’ex fidanzata lituana. Avrebbero dovuto dargliene otto ma hanno considerato le "attenuanti etniche e culturali".
Se il conterraneo di Graziano Mesina si fosse trovato dinanzi a magistrati kantiani, ammalati di imperativi categorici e di "norme che dettano incondizionatamente", non avrebbe avuto nessuno sconto di pena: "Sei uomo e, come tale, avresti dovuto ascoltare la voce del Dovere e trattare l’altro (in questo caso l’altra) sempre come fine e mai solo come mezzo".
Per fortuna, i tempi cambiano e i presidenti dei tribunali, anche in Germania, sanno che gli uomini non sono eguali, che i costumi, le mentalità, i modi di trattare l’altra metà del cielo variano con le latitudini e le longitudini e che uno stupro al di qua del fiume non è la stessa cosa di uno stupro al di là. Hanno commesso un piccolo errore, quello di attribuire alla Sardegna la stessa "cultura" (nel senso più neutrale e antropologico del termine) di qualche sperduto altopiano asiatico abitato da fondamentalisti musulmani. Errare humanum est e uno sbaglio non è una colpa: non si offende nessuno—che sia sardo o scozzese—a scambiarlo per un taliban: le tribù hanno tutte la stessa dignità anche se sono molto diverse e se qualcuna (quella occidentale) ritiene, con grande presunzione, di non essere una "tribù".
Invece di applaudire al coraggio dei magistrati tedeschi s’è scatenata, in Italia, una canea trasversale che ha visto unite destra e sinistra. Il legale di Pusceddu, ha detto di essere inorridita per i "riferimenti alla razza e all’etnia" ma non solo si è guardata bene dall’esigere, per il suo assistito, la stessa identica pena che sarebbe stata comminata a un cittadino tedesco—otto anni invece di sei— ma, come ha riferito l’ANSA "ha presentato istanza alla Corte d’Appello del capoluogo sardo per ottenere che la pena possa essere scontata in Italia": non si capisce bene a quale titolo dal momento che il Pusceddu ha commesso il reato in Germania e la sua vittima non ha nulla a che vedere col nostro paese, trattandosi, come s’è detto, di una immigrata lituana.
Insomma l’Avv. Annamaria Busia desidera che il suo conterraneo venga trattato come un cittadino italiano ed europeo? E allora perché accetta lo sconto di pena e vuole riportarselo in Italia come se fosse un ‘diverso’? Se invece non lo considera uguale agli ospiti tedeschi e ne richiama l’appartenenza a "un sistema dove è sempre stato in vigore il matriarcato", perché non chiede, per lui, una pena doppia giacché un reato misogino commesso da chi ha le sue radici in una società patriarcale è meno grave di quello imputabile al rampollo di una comunità matriarcale?
A dare man forte alla Busia non potevano mancare i politici. Il deputato di AN, Bruno Murgia, ha subito sollecitato il nostro governo "a chiedere le scuse della Germania" e ad offrirle "un corso gratuito di antropologia culturale. Il giudice di Hannover scoprirà così che i sardi non sono tutti zoticoni e incivili, come non tutti i tedeschi sono responsabili di aver messo gli ebrei nei forti crematori". Una reazione esemplare col suo mix di politically uncorrect e di opportuni richiami ai Lager, quale poteva venire solo da un vero patriota italosardo!
Non meno reattivo è stato il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Manconi, che non ha esitato a bollare come "razzismo differenzialista" una sentenza pur ispirata al multiculturalismo e al relativismo oggi in auge. "Le appartenenze culturali, le tradizioni etniche (ma non esiste una etnia sarda), le credenze religiose, le consuetudini alimentari, le forme di relazione, i costumi e gli stili di vita—ha sentenziato-- possono, e devono essere, accettati e fin tutelati. Ciò vale per i sardi, i valtellinesi e i musulmani ma a una e irrinunciabile condizione: che non violino i diritti fondamentali della persona. In questo caso, la parità, la libertà e l'integrità della donna". Bene, torniamo ai vituperati lumi! Ma allora perché non esigere che Pusceddu venga condannato a una pena più severa e, soprattutto, che la sconti in Germania, un paese serio, in cui se si viene condannati a un periodo di detenzione, breve o lungo che sia, non si prevedono indulti e indultini che facciano uscire il reo prima del tempo?
Isabella Bortolini, VicePresidente dei Deputato di Forza Italia, sa con chi prendersela per il "messaggio gravemente diffamatorio e razzista" che viene da Hannover: "Le affermazioni del nostro Ministro Amato sulla tradizione siculo-pakistana di picchiare le donne—ricorda opportunamente— non aiutano il nostro Paese a uscire dalla schiavitù dei luoghi comuni e dei pregiudizi". S’impone anche per lei, pertanto, la protesta ufficiale di Prodi e di D’Alema "presso la Merkel per difendere il buon nome degli italiani all’estero". Neppure la Bortolini, però,ci dice se il torturatore-stupratore delle donne debba o no rimanere in Germania e se i sei anni siano da considerarsi bastanti per le violenze subite dalla malcapitata lituana. E’ una professionista politica, si dirà, più interessata a spargere fumi polemici e atti di accusa con risonanze massmediatiche che a venire al dunque.
Per fortuna, però, è intervenuta l’accademia a rimettere le cose a posto e a portare nel tenebroso affare la luce della scienza. Non sa il giudice tedesco, ha detto il Professore Emerito dell’Università di Sassari, Manlio Bragaglia, "che la leggenda vuole che in Sardegna c’è ancora il matriarcato e, quindi, sono le donne che picchiano gli uomini?".
A dir la verità, non lo sapevamo neppure noi italiani "continentali" che, pensando alle donne sarde, ci figuravamo umili e discrete zie Pottoi intente ai fornelli o al telaio, e che ora, alla luce di tali costumi, possiamo capire perché sei anni di galera "non sono pochi" (i poveri maschi sardi, abituati ad essere picchiati da madri e mogli, anzi dovrebbero venir elogiati qualora le parti s’invertissero! ) Grazie a Bragaglia siamo pure in grado di collegare i "motivi etnici e culturali", addotti nella sentenza, alla formazione filosofica dei giudici tedeschi condizionati "evidentemente" dalle "teorie di Lombroso e di Niceforo" che "continuano a circolare".
Ci saremmo non poco preoccupati, per la verità, se fossero mancate le citazioni di Cesare Lombroso e di Alfredo Niceforo. I due scienziati sociali, infatti, da tempo non più letti, restano nondimeno, nell’immaginario collettivo degli eterni don Ferrante, come i simboli più tetri del positivismo superficiale e razzista. Inutile dire che, nonostante gli aspetti irrimediabilmente caduchi delle loro ricerche, furono studiosi tutt’altro che mediocri e che appartennero a quella cultura moderatamente progressista e con tratti liberali che avrebbe voluto fare del nostro un "paese civile", cominciando col distruggere le illusioni sulla ricchezza del meridione, sulle eccellenti qualità dell’italiano medio, sulla nostra antica, superiore, civiltà. Dove impera la retorica, l’analisi pacata e ragionevole si ritira in buon ordine.
Nel Pantheon già tanto ricco della filosofia e della scienza tedesche tra Otto e Novecento, Bragaglia, in definitiva, vorrebbe pure includere i nostri due antropologi: l’orgoglio "etnico" ferito si converte, paradossalmente, nella svendita del nostro patrimonio intellettuale! E’ una pagina di regressione tribale che ci si augura di veder chiusa al più presto.
| | |
| |
|