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Art. 603 c.p. ovvero reato di plagio

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Grisonio
view post Posted on 2/10/2007, 12:08




Surena e Halloween85 mi hanno suggerito l'argomento per questa sezione. Il plagio. Noto che sono sempre più frequenti i siti che inneggiano al male e invitano gli utenti a seguire una determinata condotta, comportamenti che talvolta rasentano l'illecito o che sono altamente dannosi. I messaggi subliminali, gli inviti al suicidio registrati su nastri musicali, immagini che nascondono slogans criminali lievemente percepibili ecc. possono in qualche modo influenzare una mente debole. Questo avviene soprattutto all'estero, in alcuni Stati americani, dove il plagio è considerato reato grave. In Italia invece le cose vengono viste diversamente e sono cambiate intorno agli anni 80. In passato si discusse molto se riformulare o no il concetto di plagio, il cui art. 603 c.p. recitava: "Chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni". La Corte Costituzionale aveva difatti dichiarato l'illegittimità di tale articolo con la sentenza n. 96 del 9 aprile 1981. Da allora pare che nel nostro Paese i "plagiatori" siano cresciuti di numero. Basta citare il caso della setta di Mamma Ebe, che negli anni della modifica fece parlare molto di sè, o a quella più recente delle bestie di Satana, che operavano indisturbati per via dell'illegittimità del plagio, tanto per fare alcuni esempi. Casi rimasti impuniti finchè non sono subentrati altri illeciti penali, stavolta riconosciuti e che hanno stimolato l'intervento delle autorità competenti. Lo scritto che segue può dare un idea del concetto di plagio e delle difficoltà che si riscontravano nell'individuare e/o riconoscere ed accettare tale illecito.
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Plagio: la problematica penalistica

Il Plagio tra realtà e negazione.

A cura del Dott. Giovanni Flora, ordinario di Diritto Penale presso l'Università di Ferrara.

Tratto da La persuasione socialmente accettata, il plagio e il lavaggio del cervello, Vol. I, a cura del Dott. Mario di Fiorino, Centro Studi di Psichiatria & Territorio, Forte dei Marmi (Lu). 1990-1991.



È proprio l'esperienza a dimostrare che l'identità personale può essere calpestata e distrutta [... da una condotta ...] dolosamente indirizzata a determinare un vero e proprio stato di isolamento dagli altri del soggetto passivo con impedimento ad attingere a fonti diverse da quelle imposte dallo stesso soggetto attivo e con deterioramento della capacità di autodeterminazione. Infine è appena il caso di sottolineare che del tutto privo di efficacia esimente sarebbe l'eventuale consenso dell'offeso, trattandosi di bene indisponibile ed essendo normalmente il consenso viziato (violenza, minaccia, inganno, suggestione o preesistente stato di minorazione). Come pure è appena il caso di sottolineare che altro è procedere ad un auto-isolamento o ad una auto-distruzione consapevoli, altro è consentire che altri vi proceda.


L'attualità della problematica penalistica del plagio

La problematica penalistica del plagio rimane ancora quanto mai attuale, nonostante l'abrogazione dell'art. 603 c.p. ad opera della Corte Costituzionale (sentenza 8 Giugno 1981, n. 96) [1] norma che puniva, appunto, fatti espressamente qualificati come "plagio" nella rubrica legis. E ciò perché è pur sempre rimasta la consapevolezza [2] (ed in taluno anche la "nostalgia") [3] di una lacuna nella tutela penale della persona da attacchi tanto subdoli quanto devastanti, sia perché proprio recentemente (Aprile 1988) un disegno di legge governativo (Russo Jervolino-Vassalli) ha riproposto sotto il nome di "Atti lesivi della capacità di autodeterminazione del minore" la incriminazione di fatti qualificabili, alla stregua della terminologia diffusasi con il codice del 1930, come "plagio" [4]



Il plagio nell'art. 603 c. p.

Come è noto, vigente l'art. 603 c.p., erano state elaborate in via interpretativa tre diverse concezioni di plagio, cronologicamente succedutesi nell'ordine seguente [5]


Una prima concezione che - se ci è consentito - è concettualmente definibile come "ottocentesca", secondo la quale il plagio consiste nella instaurazione di un dominio fisico-materiale (con corrispondente soggezione dello stesso tipo) sostanzialmente equivalente (di fatto) alla schiavitù.

Una seconda concezione che, proseguendo nel paradosso, potremmo chiamare "medioevale", secondo la quale esso consiste nella instaurazione di un dominio psichico, indotto mediante suggestione (cui corrisponde una soggezione dello stesso tipo), con conseguente eterodirezione della volontà e, secondo alcuni, determinazione di uno stato di incapacità di intendere e di volere (identica o meno, a seconda delle diverse tesi, a quella di cui all'art. 85 c.p.) [6]

Una terza più moderna concezione, secondo la quale il plagio consiste in un condizionamento psicologico con deterioramento della personalità a seguito della riduzione in completo stato di isolamento dagli altri ("dal resto del mondo"), ponendosi il plagiante come esclusivo interlocutore del plagiato [7]


Il "diritto vivente" (la giurisprudenza, per intenderci) era orientato essenzialmente verso la seconda concezione. Stando così le cose, la Corte Costituzionale ha avuto buon gioco nel cancellare la norma incriminatrice dall'ordinamento per difetto di determinatezza in riferimento all'art. 25/2° Cost.; adducendo essenzialmente l'inverificabilità del fatto contemplato dalla fattispecie, l'impossibilità comunque del suo accertamento con criteri logico razionali, l'intollerabile rischio di arbitri dell'organo giudicante [8]



Le prospettive de iure condendo: impostazione del problema

Sgombrato il campo dell'indagine dai condizionamenti dell'esistenza di una norma incriminatrice, il problema può dunque essere riesaminato funditus e più serenamente nella prospettiva dell'eventuale creazione di una "nuova" fattispecie penale. Essendo il diritto penale un insieme di norme poste a tutela di beni di rilevanza costituzionale, concettualmente "afferrabili" nella loro reale consistenza, da ben delimitate tipologie di aggressione, previste da leggi costruite in termini tassativi [9] si tratta dunque di procedere ad una serie di verifiche. E più precisamente: qual è il bene o valore del quale si pone l'esigenza di tutela; se esso possa aspirare ad essere tutelato penalmente possedendone i requisiti del rilievo costituzionale e della afferrabilità concettuale; in relazione a quali tipologie di aggressione e a quale grado di lesività si giustifica l'intervento della sanzione penale; se è possibile la costruzione di una norma generale di tutela in termini sufficientemente determinati, tali da evitare l'arbitrio dell'organo giudicante.



L'individuazione del bene giuridico da proteggere

Riguardo al primo punto è innegabile che nella comunità sociale è sempre più avvertita l'esigenza di una protezione della personalità individuale dell'uomo, della sua integrità psichica oltre che di quella fisica [10] l'esigenza, insomma, di tutela della "propria" identità di essere pensante, unico ed irripetibile [11] Questa si traduce nella aspirazione, innanzitutto, alla libertà da ingerenze "ossessive" nel momento di formazione e sviluppo della personalità [12] ed alla salvaguardia non solo dalle azioni che comunque compromettano l'integrità, ma anche da quelle che compromettano il carattere "proprio" della personalità (della persona psichica); oltre che, ovviamente, da quelle che ne ledano la funzionalità. Ora non vi è dubbio che l'interesse alla salvaguardia della personalità individuale, del patrimonio psichico dell'uomo, sia nel suo aspetto "statico" che in quello "dinamico", oltre a trovare implicito riconoscimento negli artt. 2 e 3 della Costituzione, costituisce il presupposto stesso perché possano essere effettivamente fruiti tutti quei diritti di libertà e consapevolmente adempiuti i doveri di solidarietà che la Costituzione rispettivamente garantisce e impone. Si tratta dunque di un bene di sicuro rilievo costituzionale. Ma - sorge spontaneo il quesito - si tratta solo di una pura aspirazione ideale, pur costituzionalmente conclamata, priva di un concreto riscontro nella realtà? Ha una consistenza tale da poter aspirare al rango di bene giuridico penalmente tutelabile? A sostegno della risposta negativa si potrebbero infatti addurre due contrapposti ordini di considerazioni.

Da un lato si potrebbe infatti osservare che la singolarità dell'"io" è, come tale, inattaccabile, inoffendibile, per cui nessuna condotta aggressiva, per quanto incalzante sia, potrebbe mai scalfirla [13] Da un altro lato ed in senso opposto, si potrebbe sostenere, in una prospettiva essenzialmente deterministica [14] che questa pretesa singolarità dell'essere nella sua dimensione morale è un'ipocrita finzione, essendo la persona psichica la risultante di una serie incalcolabile di condizionamenti da quelli biopsichici, ereditari o acquisiti, a quelli socio economici a quelli dei comuni rapporti interpersonali ecc., per cui sarebbe impossibile individuare una sua "reale" configurazione "propria". In coda a questa osservazione si potrebbero poi rilevare che non solo sarebbe arduo, se non impossibile, sceverare i condizionamenti "causali" rispetto ad una determinata condizione soggettiva [15] ma sarebbe anche pericoloso per l'altrui libertà [16]

Infine, si potrebbe ulteriormente far notare, che l'identità psichica della persona rimane pur sempre avvolta da un'ineliminabile componente di mistero (ma quand'è che uno è "se stesso"?).

Ebbene, al di fuori di ogni sterile polemica filosofica e pur condividendo in certa misura i richiami alla misteriosità dell'io (dalla quale derivano le non poche difficoltà che si incontrano nella costruzione della tutela penale), è proprio l'esperienza a dimostrare che l'identità personale può essere calpestata e distrutta. Anzi è proprio di fronte al singolo episodio lesivo che emerge anche nella sua dimensione concettuale, la "realtà" del valore costituito dalla personalità individuale [17]



La selezione delle condotte aggressive da incriminare

Posto dunque che il valore in questione ha una rilevanza costituzionale ed ha una sua consistenza reale (è "afferrabile"), pur con i limiti anzidetti, si tratta ora di stabilire quali condotte condizionanti la persona psichica possano in via ipotetica ritenersi meritevoli di considerazione ai fini della costruzione di una norma incriminatrice. Premesso che la formazione e sviluppo della personalità individuale è la risultante anche dei reciproci condizionamenti interpersonali e che la propaganda delle proprie idee finalizzata alla altrui persuasione è diritto costituzionalmente garantito e non può quindi essere di per sé criminalizzata, la condotta non potrà che assumere caratteri di vessatorietà o fraudolenza [18] in senso ampio, che già ne evidenzino il significato di disvalore, oltre a presentarsi idonea in concreto, anche in considerazione delle condizioni del soggetto passivo, a ledere il bene protetto [19]

Specificando ulteriormente, questa non potrà che assumere veste di continuità ed essere dolosamente indirizzata a determinare un vero e proprio stato di isolamento dagli altri del soggetto passivo con impedimento ad attingere a fonti diverse da quelle imposte dallo stesso soggetto attivo e con deterioramento della capacità di autodeterminazione. A mio avviso sarà indifferente che la condotta provochi prima una condizione di deterioramento psichico e conseguentemente un isolamento dagli altri o viceversa. Da quanto detto è chiaro che un'eventuale incriminazione dovrebbe preferibilmente fondarsi sulla effettiva lesione del bene protetto, pur se sarebbe legittima anche un'anticipazione della tutela a livello del pericolo concreto.

Infine è appena il caso di sottolineare che del tutto privo di efficacia esimente sarebbe l'eventuale consenso dell'offeso [20] trattandosi di bene indisponibile ed essendo normalmente il consenso viziato (violenza, minaccia, inganno, suggestione o preesistente stato di minorazione). Come pure è appena il caso di sottolineare che altro è procedere ad un auto-isolamento o ad una auto-distruzione consapevoli, altro è consentire che altri vi proceda (come è dimostrato dal diverso trattamento del suicidio e dell'omicidio del consenziente) [21]



La problematica costruzione di una norma incriminatrice conforme al principio di determinatezza

A questo punto, constatato che in linea teorica risulta, anche in prospettiva costituzionale, fondata la pretesa di tutelare penalmente l'integrità della persona psichica da determinate condotte aggressive e che le norme attuali sono inidonee a cogliere adeguatamente il complessivo disvalore del fatto [22] si pone il problema più arduo: quello della creazione di un'apposita fattispecie incriminatrice, costruita in termini sufficientemente tassativi; cioè, con quella necessaria chiarezza e precisione idonee ad evitare arbitri del giudice penale. Diciamo subito che non risponderebbe a tali requisiti una norma che ricalcasse l'abrogato art. 603 c.p.

Nonostante che autorevole dottrina, con argomentazioni quanto mai acute, abbia ricostruito la norma in questione in modo da conferirle un significato che si avvicina molto allo schema di tutela dinanzi prospettato [23] non ci si può nascondere che essa risulta intrinsecamente ambigua e tale da giustificare anche diverse e quanto mai pericolose interpretazioni.

Non solo; ma occorre altresì sottolineare che il principio di determinatezza richiede che la norma incriminatrice sia comprensibile (nel suo univoco significato di disvalore) non solo dal giudice, ma anche dal cittadino [24] Non v'è dubbio, invece, che una formula quale quella del famigerato art. 603 c.p., se può essere colta nel suo "vero" significato dal tecnico (peraltro con notevole sforzo interpretativo), non lo può certo essere agevolmente dal cittadino [25]

Ciò premesso, anche concepire una diversa formulazione sufficientemente tranquillizzante non risulta affatto facile. Ed infatti non risulta del tutto soddisfacente nemmeno quella del "nuovo" art. 549 c.p. contenuta nel progetto di legge governativo a tutela della personalità del minore (d.d.l. ad iniziativa dei ministri Russo Jervolino e Vassalli comunicato alla Presidenza del Senato nell'aprile 1988), pur costituendo certo il più serio tentativo finora operato di approntare una tutela penale della personalità individuale in forma tassativa.

A dare adito a qualche perplessità, oltre il riferimento anche alla condotta suggestiva, è soprattutto la configurazione dell'evento qualificato come "stato di soggezione tale da escludere o limitare grandemente le libertà personali e la capacità di sottrarsi alle imposizioni altrui", il cui esatto significato non sembra facilmente afferrabile, né risulta maggiormente chiaro alla luce della rubrica ("Atti lesivi della capacità di autodeterminazione del minore").

Vero è che sia la condotta che l'evento offensivo, per loro stessa natura non si lasciano descrivere con elementi ricostruibili in termini rigorosamente logico-razionali, depurati da qualsiasi componente emozionale; a meno di non voler utilizzare una caotica tecnica casistica che, come ormai noto, presenta identici se non maggiori inconvenienti sotto il profilo della tassatività, senza nemmeno il vantaggio di assicurare un'adeguata tutela. E ciò, nonostante che, come già sottolineato, siano proprio i singoli, concreti episodi a far quasi tangibilmente emergere sia la consistenza dell'offesa che il disvalore della condotta.

D'altra parte, nemmeno risulterebbe praticabile la strada dell'utilizzazione del dolo specifico come elemento in grado di conferire maggior determinatezza alla previsione legislativa. Infatti o si dovrebbe far leva su una qualificazione del fine in termini di vantaggio economico ("lucro") [26] conducendo così la fattispecie a schemi "ottocenteschi", inadatti a reprimere le attuali forme di "manipolazione" della personalità individuale; oppure si dovrebbe ricorrere ad una connotazione in termini di generico "profitto" o "vantaggio", finendo così per vanificare l'intento delimitativo che ci si proponeva di raggiungere [27]

La creazione di una norma di carattere generale sembra dunque comportare inevitabilmente un rischio, più o meno consistente, di applicazioni arbitrarie. Non rimane dunque che rassegnarci alla episodica e inappagante tutela apprestata dalle norme esistenti (violenza privata, minaccia, sequestro di persona, lesioni personali, circonvenzione di incapace, ecc.)?



L'ipotesi alternativa di una tutela penale incentrata sull'inosservanza del provvedimento del giudice civile

A nostro parere si potrebbe elaborare un diverso schema di tutela; proprio muovendo dalla considerazione che è dalla constatazione di singole vicende concrete che si evidenziano sia l'offesa che la carica di disvalore della condotta. Si potrebbe cioè prevedere che, di fronte a condotte costituenti un serio e concreto pericolo per l'integrità della personalità individuale, determinati soggetti legislativamente indicati (tra i quali - a nostro avviso - il pubblico ministero presso il Tribunale) possano ricorrere al giudice civile (Presidente del Tribunale o Presidente del Tribunale per i minorenni, in caso di soggetti passivi minorenni) il quale, con provvedimento d'urgenza, sentite le parti ed esaminata la persona indicata come vittima, sia legittimato ad inibire il comportamento pericoloso contestato. La sanzione penale, poi, in questa prospettiva, dovrebbe essere ricollegata all'inosservanza del provvedimento del giudice civile, sulla traccia di quanto già previsto dall'art. 388 c.p. [28]

Un tale meccanismo di tutela, che non dovrebbe incontrare ostacoli nella sistematica civilistica in ordine a vittime minorenni, mentre andrebbe opportunatamente modellato in relazione a quelle maggiorenni, avrebbe certo il vantaggio di intervenire in via preventiva (prima che la personalità individuale sia menomata) e di non comportare alcun problema di conformità ai canoni della determinatezza. Tuttavia, di fronte a lesioni già completamente verificatesi, potrebbe solo consentire la cessazione della condotta di mantenimento in istato di soggezione-isolamento. Gli attentati più gravi rischierebbero così di rimanere impuniti.



Considerazioni conclusive

Ed allora, viene da pensare che l'alternativa che si pone è forse drastica: o si crea una norma incriminatrice generale che, per quanto ci si sforzi di rendere tassativa, comporterà sempre un rischio più o meno consistente di arbitrii; oppure si rinuncia ad una efficace tutela della personalità individuale, proprio dagli attacchi più subdoli e devastanti. Ci si trova così dinanzi ad una scelta tra valori in conflitto la quale non può che dipendere dal grado di penetrazione che ciascuno di essi ha in seno alla comunità sociale in un dato momento storico.

Deve conclusivamente sottolinearsi, però, che in base ai principi costituzionali del nostro sistema penale, una scelta favorevole alla incriminazione potrebbe legittimamente operarsi solo se su di essa si formasse un consenso ben più ampio di quello della semplice "maggioranza"; essendo questo il più profondo significato da attribuire oggi al principio di riserva di legge in materia penale contenuto nell'art. 25/20 co. Cost.



Note

[1] Giur. Cost. 1981, I, 806 s. con nota di GRASSO (P.G.) (Controllo sulla rispondenza alla realtà empirica delle previsioni legali di reato); Riv. it., 1981, 1147 s., con nota di BOSCARELLI (A proposito del principio di tassatività).

[2] BOSCARELLI (N. 1), 1151; COPPI, Plagio, in Enc. dir., 943 s.; DEL RE, Modellamento psichico e diritto penale: la tutela penale dell'integrità psichica, Scritti in memoria di G. Delitala, Milano, 1984, I, 309 s.

[3] Si veda, ad es., la relazione del prof. BELUFFI a questo Convegno.

[4] Il testo del progetto, e della relativa relazione, è pubblicato su Indice pen., 1988, 305 s.

[5] Per un quadro sintetico, COPPI (n. 2), 939 s. Per un esame critico più diffuso, FLICK, La tutela della personalità nel delitto di plagio, Milano, 1972, 1 s.

[6] Per la prima tesi, ZUCCALÀ, Il plagio nel sistema italiano di tutela della libertà. Riv. it., 1972, 369; per la seconda tesi, NUVOLONE, Considerazioni sul delitto di plagio, Schw. Zeit. Str., 1969, 346 s.

[7] Si tratta, come è noto, della tesi di FLICK (n. 5), 127 s.

[8] Parte della dottrina, del resto, aveva già espresso forti dubbi sulla compatibilità della norma in questione con il principio di tipicità (o determinatezza). V., in particolare, TURSI, Principi costituzionali e reato di plagio, Arch. pen., 1969, Il, 344 s.. Nel senso della compatibilità v., invece, COPPI (n. 2), 943 s.; FLICK (n. 5), 159 s.; GRASSO (P.G.) (o. 1), 823 s.; nonché, ZUCCALA' (n. 6), 380 s.

[9] Per tutti, BRICOLA, Teoria generale del reato, NN.D.I, XIX, 38 s. e 81 s.; FINDACA-MUSCO, Diritto penale, (p.g.), Bologna, 1985,2 s.; nonché, MANTOVANI, Diritto penale, Padova, 1988, 77 s. e 200 s.

[10] COPPI (n. 2), 943; DEL RE (n. 2), 309; NUVOLONE, Plagio (Giur. sotto obiettivo). Indice pen., 1968,81; nonché, VASSALLI, Il diritto alla libertà morale, (Contributo alla teoria dei diritti della personalità), Studi in memoria di F. Vassalli, 11, Torino, 1960, 1637.

[11] Sottolinea questo aspetto, PALAZZO, Persona (delitti contro la), Enc. dir., XXXIII, 303-304V. anche DEL RE (o. 2), 308.

[12] PALAZZO (n. 11), 304; nonché, VASSALLI (n. 10), 1674. Con riferimento al nostro specifico tema v. altresì, TURSI (n. 8), 355-356.

[13] V., particolarmente, MERCADANTE, Osservazioni sul caso Braibanti, Giur. mer., 1969, 11, 404.

[14] Si da carico di una tale possibile obbiezione, pur se in una diversa prospettiva, NUVOLONE (n. 6), 345.

[15] Per considerazioni simili, sia pure in chiave problematica, v. FLICK, Libertà individuale (delitti contro). Enc. dir., XXIV, Milano, 1974, 545-546 e gli AA. ivi citati.

[16] Tale pericolosità è avvertita anche dagli autori sensibili alla necessità di tutela della personalità individuale. V., ad. es., DEL RE (n. 2), 312 s.; FLICK (n. 6), 156 s.; TURSI (n. 8), 358 s..

[17] V., in modo particolare incisivo, SATTA, Osservazioni sul caso Braibanti, Giur. mer. 1969, Il, 401.

[18] Similmente, TURSI (n. 8), 358, già con riferimento all'interpretazione dell'abrogato art. 603 c.p..

[19] La necessità di far luce sulle modalità della condotta è sottolineata, in prospettiva de iure condendo, da DEL RE (n.. 2), 349.

[20] Per tutti, FLICK (n. 5), 164; nonché, già, PEDRAZZI, Consenso dell'avente diritto. Enc. dir., IX, Milano, 143.

[21] FLICK (n. 5), 167.

[22] L'insufficienza delle attuali fattispecie incriminatrici a surrogare adeguatamente la tutela approntata dall'art. 603 e sottolineata in particolare da COPPI (n. 2), 943 e da DEL RE (n. 2), 308 e 345, secondo il quale nemmeno la norma che incrimina le lesioni personali (art. 583 c.p.) laddove fa riferimento all'evento offensivo costituito da una malattia nella mente, sarebbe confacente allo scopo.

[23] Intendiamo ovviamente riferirci alla nota tesi di FLICK (n. 2).

[24] Per tutti, BRICOLA, La discrezionalità nel diritto penale, Milano, 1965, 294 s.; MANTOVANI (n. 9), 98-99; NUVOLONE, Il sistema di diritto penale, Padova, 1982, 40 e 56; PALAZZO, Il principio di determinatezza nel diritto penale, part. 51 s. e 104s.; RONCO, Il principio di tipicità della fattispecie penale, Torino, 1979, 93 s.

[25] ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, p.s. I, Milano, 1981 (8a ed.), 8-10.

[26] Com'è noto il fine di lucro veniva inserito, in via interpretativa, nella fattispecie dell'abrogato art. 603 c.p. dalla giurisprudenza e dottrina meno recenti. In proposito v. COPPI (n. 2), 934s.; nonché FLICK (n. 5), 10s..

[27] Il DEL RE (n. 2), propone di inserire, eventualmente, nella fattispecie da creare il dolo specifico consistente nel fine di "modellamento" o di "domesticamento" (v. p. 349). A nostro sommesso avviso anche la previsione di un tale requisito non sarebbe idonea allo scopo delimitativo, finendo in sostanza per coincidere con la coscienza e volontà del fatto materiale tipico e rischierebbe di far assumere alla norma, in fase interpretativa, una connotazione accentuatamente soggettiva.

[28] Sui delicati problemi che comunque pone il ricorso a tale schema di tutela v., da ultimo PALAZZO, Tutela dei diritti, tutela del provvedimento giurisdizionale e categorie penalistiche, Riv. it.,1988, 514s., il quale sottolinea, peraltro, come la tecnica di costruzione della fattispecie penale incentrata sull'inosservanza del provvedimento del giudice civile viene suggerita proprio per superare le difficoltà di formulazione sufficientemente determinata di una fattispecie incentrata invece sulla tutela "diretta", dell'interesse da proteggere.

tratto da: http://xenu.com-it.net/txt/penale.htm


Un famoso maestro del plagio.
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Charles Manson, capo hippy di una nota setta americana. Dopo aver plagiato e abusato sessualmente di molti dei suoi giovanissimi adepti, Manson ordinò nel 1969 che l'attrice Sharon Tate, che aspettava un bambino, fosse squartata viva e che il figlio le venisse estratto dal ventre. Attualmente è rinchiuso nel carcere di Corcoran della California e gli è stata respinta la richiesta di libertà vigilata. Ha quasi 73 anni e la pena da scontare è l'ergastolo.
 
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surena
view post Posted on 2/10/2007, 12:20




bravo grisonio!anche io, proprio per via di quel sito sull'anoressia, mi sono ritrovata a riflettere sulla norma sul plagio! sono combattuta tra due considerazioni..da una parte si potrebbe ripristinare il reato di plagio, avendo cura di definire con maggiore precisione cosa si intenda per plagio (ma mi rendo conto delle gravi incertezze che un intervento del genere creerebbe, sotto il profilo del rispetto del principio di precisione e di deterrminatezza..). d'altra parte si potrebbe procedere come attualmente si fa per la regolamentazione della tv e di altri mezzi di comunicazione, restringendo la visibilità di tali siti ai soli adulti, con iscrizione che richieda anche il codice fiscale. :unsure:
 
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Giogiolott
view post Posted on 2/10/2007, 12:26




Grisonio mi stai rendendo la scelta della tesi più difficile del previsto. quando sarà il momento ti chiederò consulenza :D
 
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Grisonio
view post Posted on 2/10/2007, 12:54




CITAZIONE (surena @ 2/10/2007, 13:20)
bravo grisonio!anche io, proprio per via di quel sito sull'anoressia, mi sono ritrovata a riflettere sulla norma sul plagio! sono combattuta tra due considerazioni..da una parte si potrebbe ripristinare il reato di plagio, avendo cura di definire con maggiore precisione cosa si intenda per plagio (ma mi rendo conto delle gravi incertezze che un intervento del genere creerebbe, sotto il profilo del rispetto del principio di precisione e di deterrminatezza..). d'altra parte si potrebbe procedere come attualmente si fa per la regolamentazione della tv e di altri mezzi di comunicazione, restringendo la visibilità di tali siti ai soli adulti, con iscrizione che richieda anche il codice fiscale. :unsure:

Grazie surena. :) In Italia fanno un mucchio di cose complicate. Non so quale sia la molla che ha fatto scattare la sentenza n.96 dell'81, però se prima di allora si procedeva e si riconosceva la cosa come reato, non vedo perchè non debbano riprenderlo in considerazione. E' triste il fatto che le sette oggi proliferano più che mai... :(

A proposito, questo è il telefono antiplagio del noto Prof. Giovanni Panunzio 338.8385999

Il sito è:
http://www.antiplagio.org/

riporto un passaggio bellissimo:

"L'art. 121 del nostro T.U.L.P.S. (Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza) recita: << E' vietato il mestiere di ciarlatano >>.
L'art. 231 del relativo regolamento d'attuazione specifica: << Sotto la denominazione di "mestiere di ciarlatano"... si comprende ogni attività diretta a speculare sull'altrui credulità o a sfruttare od alimentare l'altrui pregiudizio, come gli indovini, gli interpreti di sogni, i cartomanti, coloro che esercitano giochi di sortilegio, incantesimi, esorcismi o millantano o affettano in pubblico grande valentia nella propria arte o professione o magnificano ricette o specifici, cui attribuiscono virtù straordinarie o miracolose >>. Tale norma è stata confermata anche dalla Cassazione nel 1994.
In Italia la legge non viene fatta rispettare: è questa l'educazione alla legalità di cui si riempiono la bocca i nostri politici?"



CITAZIONE (Giogiolott @ 2/10/2007, 13:26)
Grisonio mi stai rendendo la scelta della tesi più difficile del previsto. quando sarà il momento ti chiederò consulenza :D

Davvero? ah ah :lol:
Forse converrebbe scaricare quelle già pronte e fatte da studenti di altre
facoltà, si risparmia un sacco di tempo. Scherzo... :D
 
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Grisonio
view post Posted on 2/10/2007, 14:24




Riguardo il Prof. G.Panunzio del telefono antiplagio
si veda anche il collegamento sottostante.
http://studentigiurisprudenza.forumfree.net/?t=20727971
image
 
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Kyodai
view post Posted on 4/10/2007, 19:51




Io ritengo che la sent. n. 96 del 1981 della Corte costituzionale interpreti correttamente i principi del nostro sistema penale che bisogna ricordare si basa sul fatto e quindi sulla dimostrabilità dello stesso, mentre invece l'art. 603 per la sua formula ambigua e fortemente generica andava proprio contro i principi di determinatezza e tassatività della norma penale.
E infatti se andate a vedere l'applicazione di tale norma fino alla sua abrogazione questa ha portato dietro le sbarre più innocenti che imbroglioni "adulatori": guardate p.e. il caso Braibanti citato alla nota 17 (per chi vuole una più rapida conoscenza il link a wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Aldo_Braibanti).
Inoltre se andiamo a vedere la Sezione I, Capo III, Titolo XII del c.p. riguardante i delitti contro la personalità individuale vediamo che a parte l'incostituzionale art. 603, gli artt. 600-604 dove è configurato un rapporto padronanza-assoggettazione presuppongono un'azione umana esclusivamente fisica.
Resta ben arduo dimostrare un comportamento di tipo plagiatorio per come è impostato dal Dott. Giovanni Flora
CITAZIONE
L'ipotesi alternativa di una tutela penale incentrata sull'inosservanza del provvedimento del giudice civile

A nostro parere si potrebbe elaborare un diverso schema di tutela; proprio muovendo dalla considerazione che è dalla constatazione di singole vicende concrete che si evidenziano sia l'offesa che la carica di disvalore della condotta. Si potrebbe cioè prevedere che, di fronte a condotte costituenti un serio e concreto pericolo per l'integrità della personalità individuale, determinati soggetti legislativamente indicati (tra i quali - a nostro avviso - il pubblico ministero presso il Tribunale) possano ricorrere al giudice civile (Presidente del Tribunale o Presidente del Tribunale per i minorenni, in caso di soggetti passivi minorenni) il quale, con provvedimento d'urgenza, sentite le parti ed esaminata la persona indicata come vittima, sia legittimato ad inibire il comportamento pericoloso contestato. La sanzione penale, poi, in questa prospettiva, dovrebbe essere ricollegata all'inosservanza del provvedimento del giudice civile, sulla traccia di quanto già previsto dall'art. 388 c.p. [28]

Tale tipo di soluzione mi parrebbe molto più lesiva della libertà morale della persona rispetto a quelle che la proposta intende tutelare... specialmente se l'ipotetica vittima è un maggiorenne con piena capacità d'intendere e di volere
 
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Grisonio
view post Posted on 16/10/2007, 14:20




Integro.

"Il 19 aprile 1981 la Corte Costituzionale giudicò illegittimo l'Art. 603 del Codice Penale, che puniva con la reclusione da 5 a 15 anni “chiunque sottopone una persona al proprio potere in modo da indurla in totale stato di soggezione”, in quanto tale norma a giudizio dell'Alta Corte conteneva una ipotesi di reato “non verificabile nella sua effettuazione e nel suo risultato, non essendo né individuabili né accertabili le attività che potrebbero concretamente esplicarsi per ridurre una persona in totale stato di soggezione”.

L'Art. 603 intendeva riferirsi a quelle tipiche situazioni di dipendenza psichica, che possono realizzarsi nel rapporto fra maestro ed allievo, fra medico e paziente, fra religioso e credente, nelle relazioni sentimentali ed amorose, nei rapporti di reciproca influenza. Secondo il parere espresso dalla Corte Costituzionale pertanto non esisterebbero modalità oggettive di accertamento di situazioni in cui si possa ottenere modalità psichiche di plagio, nè " ...è dimostrabile, in base alle attuali conoscenze ed esperienze, che possano essere capaci di ottenere con soli mezzi psichici l'asservimento totale di una persona".

Secondo Franco Granone, pioniere e decano dell'Ipnosi Medica e Presidente Onorario del centro Italiano di Ipnosi Clinica e Sperimentale (si vedano in proposito gli articoli sull'ipnosi, a firma del professore, pubblicati sui nn. 8/93, 1/95 e 2/96 di “Leadership Medica”) “ ...nei rapporti personali possono insorgere particolari condizioni, ben conosciute in ipnosi vigile durante le quali il soggetto non riesce a sottrarsi all'imperio di determinate idee suggestive, andando incontro a monoideismi plastici e a parziale dissociazione psichica; pur apparendo integra la sua coscienza e del pari, entro determinati limiti, la capacità di riflessione e di critica... in questi casi può avvenire un certo plagio del soggetto con un procedimento ipnotico, che difficilmente viene riconosciuto dagli astanti, né dallo stesso operatore, se questi non è edotto nella dinamica dei processi ipnotici, plagio che potrebbe spingere persone neurolabili o predisposte a crimini o al suicidio”.


http://www.cesil.com/0500/plagit05.htm

In sintesi, il plagio esiste ma è un fenomeno sconosciuto ai sigg.ri della Corte, forse perchè a quei tempi, ben 26 anni fa, da noi si facevano i primi passi nello studio della manipolazione mentale.
C'è un organizzazione, la tutor onlus, che si occupa del reato di plagio e riporta alcune cose interessanti e che si ricollegano al discorso iniziale.

La difesa contro la sottomissione psicologica era affidata all'art. 603 (Plagio) del Codice Penale che è stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale nel 1981 a causa di una insufficienza che generava equivoci. Poiché era raramente applicabile, necessitava di una correzione.

Il 4 Marzo 2004 la commissione Giustizia del Senato aveva approvato all'unanimità il nuovo articolo 613 bis del Codice Penale, che introduceva sanzioni severe contro la manipolazione mentale. La nuova disposizione del Codice sarebbe stata introdotta all'interno dei delitti contro la libertà individuale e, più specificatamente, contro la libertà morale.

Il provvedimento non ha superato il successivo iter di approvazione.

In tal modo il Governo ha cercando di reintrodurre il reato di plagio nel Codice Penale, ma secondo alcuni appartenenti a gruppi di culto questo comporterebbe una limitazione della libertà di religione. [..]

L'articolo 728 del Codice Penale (capitolo sugli abusi) punisce l'intervento sulla volontà e la coscienza altrui, riferendosi allo stato di narcosi e di ipnotismo, ma poi si estende al trattamento che sopprime la coscienza e la volontà. Tale norma trova applicazione quando il trattamento non comporta l'impiego di medicinali o droghe, ma arriva comunque a piegare la volontà del soggetto.
I reati più gravi sono previsti nel capitolo 111 sulla tutela della libertà individuale personale (come il sequestro di persona, art. 605)


http://www.assotutor.it/reato_plagio.htm

C'è anche un altro documento interessante e alcune domande sono state poste all'avv. G.Guarienti. Riporto le sue risposte e alla fine cito il link, qualora qualcuno volesse leggere di più sull'argomento plagio.

"Come si possono difendere il cittadino o i familiari del soggetto che ha subito questo tipo di esperienza?"
Il sistema giudiziarioitaliano attualmente non possiede strumenti adeguatiper contrastare il fenomeno di organizzazioni che “utilizzano meccanismi subliminali di fascinazione e il cosiddetto lavaggio del cervello o altri metodi atti a limitare la libertà di autodeterminazione del singolo e che nella fase di proselitismo e in quella di indottrinamento usano sistemi scientifici studiati per aggirare le difese psichiche delle persone irretite, inducendole ad atteggiamenti acritici e di obbedienza cieca” (definizione tratta dal Rapporto del Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero degli Interni redatto nel febbraio 1998 ed intitolato “Sette religiose e nuovi movimenti magici in Italia”).

La Corte Costituzionale, con la sentenza 9 aprile 1981, n. 96, ha infatti dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 603 del Codice Penale, che prevedeva e puniva il plagio, e cioè il fatto di chiunque sottoponesse una persona al proprio potere in modo da ridurla in totale stato di soggezione.

L'abolizione di tale reato, che ben si adattava a punire le tecniche di manipolazione e di lavaggio del cervello poste in essere da sette a sfondo religioso o politico–rivoluzionario, ha indotto la giurisprudenza e la dottrina a ricercare nel codice penale altre fattispecie di reato che potessero applicarsi ai casi in oggetto, con risultati, bisogna dirlo, spesso deludenti, al punto che de iure condendo si sta discutendo sull'opportunità di introdurre la nuova fattispecie di reato “aggressione alla libertà psichica”.


Abolire il reato di plagio per poi ricrearlo e chiamarlo aggressione alla libertà psichica. lol
La domande che seguono si rifanno alle norme che possono in qualche modo tutelarci dai presunti plagiatori, anche se nelle conclusioni di DeMarco e Miccoli si legge "i soggetti vittima di influenze assimilabili al plagio non sono praticamente tutelati dalla legge e, in un caso di condizionamento, nessuno può agire a difesa del soggetto dalle tecniche adottate per soggiogarlo. "

"Quali sono gli ostacoli all'istituzione di un simile reato?"
L'ostacolo principale è rappresentato dalla difficoltà di perseguire penalmente un condizionamento mentale su persone che, per quanto psicologicamente deboli ed influenzabili, sono giuridicamente capaci di intendere e volere; certo è che, se il condizionamento avviene mediante il ricorso a tecniche ipnotiche o suggestive, a somministrazione di sostanze alcoliche o stupefacenti o ad altre forme di violenza si applicheranno differenti fattispecie di delitto o di contravvenzione, ed in particolare:

- Violenza privata (art. 610 c.p.) (n. 5)

- Stato di incapacità procurato mediante violenza (art. 643 c.p.) (n.7);

- Trattamento idoneo a sopprimere la coscienza o la volontà altrui (art. 728 c.p.) (n. 8);

- Abuso della credulità popolare (art. 661 c.p.) (n. 9).

E' ovvio poi che le sette a sfondo religioso possono essere chiamate a rispondere di altri tipi di reati direttamente connessi alle metodologie attuate per limitare la libertà di autodeterminazione dei singoli “adepti”, quali i reati di associazione per delinquere, di estorsione, di truffa, di violenza sessuale, di riduzione in schiavitù e di sequestro di persona.

A tale proposito è importante sottolineare che in data 29 aprile 1998, dopo circa due anni di indagine, l'allora Ministro degli Interni Giorgio Napolitano ha inviato alla Commissione per gli Affari Costituzionali della Camera dei Deputati un voluminoso rapporto redatto dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza intitolato “Sette Religiose e nuovi movimenti magici in Italia”, nel quale viene riservato ampio spazio alla delicata tematica relativa ai pericoli e alla possibile rilevanza penale di particolari pratiche poste in essere dai suddetti movimenti.

Il rapporto evidenzia cinque particolari aspetti relativi all'attività dei singoli gruppi:

1) L'utilizzo, allo scopo di reclutare nuovi seguaci e mantenere quelli già “caduti nella rete” di meccanismi subliminali di fascinazione e del cosiddetto “lavaggio del cervello” (brainwashing) o altri consimili metodi atti a limitare la libertà di autodeterminazione del singolo;

2) L'interesse, più che all'arricchimento spirituale degli adepti, a quello materiale dei capi carismatici, che si realizza attraverso l'esazione dei contributi, condotta con metodiche aggressive, e la vendita di merci (libri, oggetti di culto, talismani) e servizi vari (in genere sedute psicoterapeutiche e “corsi di perfezionamento”);

3) Il celare, dietro un'apparenza talora rispettabile e al di là dei fini dichiarati, comportamenti immorali o condotte illecite;

4) La propugnazione di dottrine connotate da elementi fortemente irrazionali, che potrebbero obnubilare gli adepti e spingerli a comportamenti devianti e pericolosi per la sicurezza pubblica;

5) Il perseguimento di obiettivi diversi da quelli dichiarati, se non addirittura di piani eversivi o destabilizzanti dissimulati dal “pretesto religioso”.

Le iniziative giudiziarie sorte a carico delle sette a sfondo religioso non hanno mai avuto particolare fortuna e si sono spesso concluse con l'assoluzione di tutti gli imputati (si veda in particolare il processo alla setta “i bambini di Satana Luciferiani” che tanto scalpore ha suscitato per le accuse di pedofilia mosse al “sommo sacerdote” Marco Dimitri).

La difficoltà di giungere alla condanna penale di tali sette sedicenti religiose è legata sia, come già detto, alla mancanza del nostro codice di una precisa fattispecie di reato che condanni inequivocabilmente la condotta di chi sottopone una persona ad un vero e proprio “lavaggio del cervello”, sia al fatto che spesso i difensori delle sette invocano (e i giudici danno loro ragione) l'applicazione dell'art 51 c.p. che afferma che “L'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della Pubblica Autorità, esclude la punibilità”.

La punibilità delle condotte poste in essere dai movimenti pseudo religiosi sarebbe quindi esclusa per il fatto che esse esercitano il diritto di professare liberamente la propria religione come previsto dall'art. 8 della carta costituzionale. (n. 10)



La legislazione internazionale riconosce il potere di questo tipo di tecniche di controllo mentale?

La data del 5 febbraio 1992 rappresenta il momento in cui il dibattito sull'inquietante fenomeno di proliferazione di sette e movimenti pseudo religiosi esce dagli stretti confini nazionali ed acquisisceun respiro europeo; in tale data, infatti, il Consiglio d'Europa, organismo fondato nel 1949 allo scopo di salvaguardare la democrazia in Europa e vigilare sul rispetto dei diritti umani nel continente europeo, adotta la Raccomandazione su Sette e Nuovi Movimenti Religiosi n. 1178.

In tale documento il Consiglio d'Europa ha affermato che la libertà di coscienza e di religione garantite dall'art. 9 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo rende inopportuno il ricorso a una legislazione ulteriore per le sette e che anzi i problemi posti da esse dovrebbero essere affrontati con interventi di tipo educativo, comprendenti anche la diffusione di una informazione concreta e obiettiva sulle maggiori religioni e le loro principali varianti e sulla natura e le attività delle sette e dei nuovi movimenti religiosi.

In data 22 giugno 1999 lo stesso Consiglio d'Europa ha adottato il Rapporto 1999 in materia di sette nel quale ha ribadito la sostanziale validità della Raccomandazione n. 1178 del 1992 ed ha approfondito alcuni aspetti del problema.

In particolare il Rapporto si sofferma sul nome da attribuire ai nuovi movimenti religiosi e consiglia alle autorità statali di evitare di utilizzare invece la definizione di “gruppi di natura religiosa, spirituale o esoterica”. In questo modo si eviterebbero tre errori:

- discriminare gruppi con dottrine strane ma assolutamente innocui;

- includere nei gruppi pericolosi organizzazioni perfettamente inserite nelle religioni maggioritarie;

- distinguere in modo arbitrario e discutibile le sette dalle religioni.

Relativamente a quest'ultimo aspetto è importante leggere questo passo del Rapporto: “Qualunque siano le credenze mantenute da certi gruppi di natura religiosa, esoterica o spirituale, si dovrebbero prendere in considerazione soltanto le attività svolte in nome di queste credenze. La libertà di religione e coscienza è garantita dall'art. 9 della Convenzione Europea sui Diritti Umani, tuttavia le attività di questi gruppi devono mantenersi in linea con i principi delle nostre società democratiche.

Questi gruppi affermano di essere religioni e che di conseguenzalo Stato non ha diritto di agire contro di loro. Se lo Stato, messo a confronto con tali affermazioni, entra nel dibattito nel cercare di dimostrare che il gruppo in questione non è una religione fallisce nel suo compito di neutralità e partecipa direttamente alla controversia spirituale o religiosa. Il primo strumento di difesa di alcuni gruppi è cercare di dimostrare che il loro credo costituisce una religione, in modo da potere poi affermare di agire in accordo con esso se ciò implica la commissione di illegalità. Questo è il genere di dibattito in cui alcuni gruppi sistematicamente cercano di attrarre le autorità, e queste ultime devono cercare di evitarla”.

Il Rapporto, poi, ad ulteriore conferma della attenzione e della preoccupazione dei governi europei in relazione al fenomeno della diffusione delle sette, pur ribadendo l'impossibilità di addivenire alla creazione di una legislazione europea su tale tema, afferma che la libertà di credo, sancita dall'art. 9 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, deve, in taluni casi, subire alcune restrizioni e, all'uopo, cita alcune sentenze emesse dal Tribunale Europeo per i Diritti Umani che stabiliscono, appunto, alcune restrizioni nell'applicazione dell'art. 9 ed in particolare:

- restrizioni del proselitismo: il proselitismo scorretto dovrebbe essere proibito in tutti quei casi in cui “prende la forma di attività che offrono profitti materiali o sociali con l'idea di guadagnare nuovi membri per la Chiesa, o esercita pressione impropria su persone in stato di disagio o necessità e a volte implica addirittura l'uso dellaviolenza e del lavaggio del cervello”;

- restrizioni nelle manifestazioni pubbliche di libertà religiosache devono essere in proporzione e corrispondere ad un interesse legittimo;

- incompatibilità tra attività religiosa e il mantenimento di incarichi di servizio civile: “gli ecclesiastici di una Chiesa nello Stato hanno sia obblighi religiosi che obblighi verso lo Stato. Se le esigenze dello Stato entrano in conflitto con le credenze, sono liberi di abbandonare il loro incarico, come privilegio ecclesiastico della Chiesa;

- limitazioni legate alle “conseguenze legali dell'indottrinamento dei membridella setta”, spesso chiamata “manipolazione mentale”.



http://www.cesil.com/0500/plagit05.htm
 
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6 replies since 2/10/2007, 12:08   900 views
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